Manipolare la realtà attraverso le parole

Dato che le parole fanno la realtà, la loro manipolazione ci condiziona la vita. Distorcere la percezione della realtà attraverso un uso improprio delle parole (o alterazione semantica) è una pratica meschina e utilizzatissima dai “padroni del discorso”.
È bene quindi ribadire alcune ovvietà costantemente mistificate dai media.

  • Cercare di far tornare il dibattito relativo al covid sul piano del realismo, basandosi sulla razionalità dei numeri e non sull’isteria mediatica (esplosione dei contagi! Seconda ondata! Moriremo tutti!), magari criticando legittimamente le scelte politiche attuate a livello nazionale e globale per gestire l’emergenza… non vuol dire essere NEGAZIONISTI. Senza contare che usare con leggerezza questa orribile parola non tiene conto di un elemento fondamentale: un conto è negare la verità, un altro negare la menzogna (come argomenta saggiamente don Floriano Pellegrini su La Verità del 30 novembre 2020).
  • Chiedere che sia rispettata la libertà di scelta terapeutica, l’applicazione del consenso informato e del principio di precauzione (a norma dell’art.32 della Costituzione, della Convenzione di Oviedo, del Codice di Norimberga e della recente risoluzione del Consiglio d’Europa)… non vuol dire essere UNTORI NO VAX.
  • Criticare l’immigrazione incontrollata e i problemi che crea in una società che ha già un alto tasso di disoccupazione; il giro d’affari dietro la cosiddetta “accoglienza”; il traffico di esseri umani… non significa essere RAZZISTI o XENOFOBI.
  • Difendere il proprio Paese da ingerenze esterne e chiedere che riacquisti ambiti di sovranità strategicamente fondamentali, non significa essere NAZIONALISTI.
  • Pensarla diversamente dalla cosiddetta sinistra, non significa essere FASCISTI.
  • Ritenere che esistano due generi e che la natura preveda, per conservare la specie, che gli uomini creino famiglie con le donne, non significa essere OMOFOBI.
  • Condannare le politiche segregazioniste e guerrafondaie di Israele, non significa essere ANTISEMITI.
  • Esercitare un pensiero critico, non bersi le versioni ufficiali su grandi questioni della contemporaneità, fare inchiesta e documentarsi in proposito, non significa essere COMPLOTTISTI.
  • Criticare UE ed Euro denunciandone i danni provocati alle classi medio-basse, ai diritti dei lavoratori e all’economia in genere, non significa essere POPULISTI.
  • Fare complimenti rispettosi a una bella donna; considerare ridicoli gli uomini femminizzati su passerelle, riviste, videoclip; criticare uno sciocco lessico fatto di asterischi e cacofonie… non significa essere SESSISTI.

In definitiva, le parole-stigma (negazionismo, razzismo, fascismo, omofobia, antisemitismo, complottismo, populismo, sessismo) vengono strumentalizzate, manipolate, scollate dal significato originario e utilizzate come una clava contro chi contesta il Pensiero Unico dominante di matrice liberista e globalista, altrimenti detto “politicamente corretto”. A rischio non è solo il giusto inquadramento di fenomeni e questioni, ma la stessa libertà di espressione sempre più minacciata da un nuovo moralismo, perbenista e talebano. Gli autoproclamatisi detentori della verità non ammettono dissensi, pena i suddetti marchi d’infamia.


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Pubblicato da L'Uomo Mascherato

Non posso dire molto. Sono un uomo. E sono mascherato.

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